Un tuffo nell’universo femminile giapponese

Geishe, infradito, karaoke, kimono, manga, mascherina, occhi a mandorla, sushi. Bene, siori e siore, questo è il Giappone.

Torniamo a casa?

Le due reporter francesi, Raphaëlle Choël e Julie Rovéro-Carrez, si sono trattenute un tantino più a lungo nel Paese del Sol Levante e, pensate un po’, si sono rese conto che il tempo scorre e la storia si evolve non solo in Occidente. Per affrontare questo viaggio hanno guardato all’Oriente edochiano (Edo si chiamava anticamente Tokyo) con occhi tutti femminili.
A mandorla, ovviamente.

Tokyo sisters è un reportage, pubblicato da O barra O edizioni, che offre un’istantanea sulla femminilità nipponica attraverso le testimonianze di donne giapponesi – della capitale, per la precisione – dai 15 ai 60 anni, i cui racconti di vita rivelano tutto il fascino e le contraddizioni di una cultura molto differente dalla nostra, alla quale le autrici si sono accostate con il rispetto tipico di chi cerca un confronto libero da pregiudizi e alla pari.

Questo “diario di viaggio”, molto dettagliato nella descrizione e nei riferimenti dei luoghi di interesse – tanto da far invidia a una qualsiasi guida turistica –, indaga su svariati aspetti della vita femminile edochiana: da quelli più mondani, a quelli sociali, a quelli più intimi.

Le Tokyo sisters, molto più numerose degli uomini nella metropoli, sperimentano quotidianamente la responsabilità di far convivere tradizione e innovazione, che rappresenta un po’ la sfida che il Giappone deve affrontare nel mondo globalizzato del XXI secolo.

Partiamo dalla ricerca della perfezione, tratto peculiare di questa cultura millenaria che, oggi, non caratterizza più soltanto la cerimonia del the o l’educazione rigida e rigorosa delle geishe, ma anche l’aspetto fisico, l’apparire, delle donne.

Pronte a tutto per essere impeccabili, le edochiane non si risparmiano. Dedicano molto tempo alla cura della pelle e spendono quasi 500 euro annue per la cosmesi (il Giappone ha davanti a sé solo gli Usa per il consumo di prodotti di bellezza); si documentano e si aggiornano, attraverso le riviste, sul make up di cui sono vere e proprie esperte e si riparano dal sole per mantenere il viso giovane e lucente. Dall’estetista ci vanno almeno una volta alla settimana, sono disposte a fare ore e ore di coda durante le vendite straordinarie per possedere una borsa di lusso o a restare a casa dei genitori per risparmiare sull’affitto e non dover rinunciare allo shopping.
Non si tratta, però, solo di essere fashion, e di esserlo alla maniera francese, ideale a cui le donne di Tokyo si ispirano. Mostrare i difetti è, nell’immaginario nipponico, una mancanza di rispetto verso il prossimo: ecco perché bisogna essere sempre ineccepibili, anche se ciò richiede una dedizione incrollabile.

Si prendono troppo sul serio, allora? Affatto. Hanno uno spirito fanciullesco che gli occidentali hanno quasi perso. Il “carino” e il divertente sono un vero e proprio culto, come rivela il successo di Hello Kitty tra le donne di tutte le età e quello dei locali di karaoke, la popolarità dei manga, le giovani cosplayers nei panni di eroi di fumetti e videogiochi, le lolitas con le loro gonnelline in pizzo, e le kawaii vestite in rosa e agghindate come bambine. Basta fare un giro a Shibuya – uno dei quartieri più dinamici e caratteristici della città, con i suoi love hotels, i megaschermi, i negozi, i pachinko e i ristoranti – per rendersene conto.

Shibuya, Tokyo

Il quartiere di Shibuya, a Tokyo.
© Antonio Ferrara

La modernità seduce e incuriosisce le donne nipponiche senza però indurle a rinnegare rituali e abitudini del passato. E così, l’alta moda e le griffe non spodestano completamente il kimono, che, certo, è però riservato a rare occasioni; gli aperitivi non rimpiazzano del tutto l’elegante cerimoniale del the, occasione per liberarsi dallo stress e dalla frenesia quotidiane; il junk food non toglie spazio al bento, il pasto equilibrato “fuori casa”.

Equilibrio è proprio una parola chiave nell’immaginario giapponese. E, per esempio, alla vita sotterranea in metropolitana a cui tutti sono esposti fa da contrappunto la necessità di rifugiarsi in quelle oasi rigenerative costituite dagli onsen, le stazioni termali. Qui uomini e donne, bambini e bambine, fanno i bagni nelle stesse vasche, sfoggiando in maniera naturale e senza alcuna vergogna tutta la propria nudità.
Attenzione però, perché al contrario, quando si va in visita dal medico il pudore diventa estremo: il massaggiatore non mette le mani a contatto diretto con la pelle, che protegge con asciugamano, e il ginecologo non guarda il volto della sua paziente, nascosto appositamente dietro una tendina.
Strano rapporto con il corpo? No, molto più semplice: la nudità è ben accetta quando la si sfoggia in gruppo; non lo è se si è nudi… in minoranza!

Un altro aspetto su cui si soffermano le autrici di questo reportage è quello collegato alla vita sociale e professionale: la donna vista come moglie, madre e lavoratrice.

Fino a venti anni fa, un’edochiana si dedicava alla propria carriera – per lo più da impiegata nel terziario – fino a quando non decideva di sposarsi o, al massimo, fino alla nascita del primo figlio. Attualmente, invece, aspirano a incarichi più ghiotti, rivendicano la propria preparazione e i propri studi, ambiscono a quelle pari opportunità che il governo giapponese, comunque, non riesce a incentivare perché da un lato esorta a fare figli (i tassi di natalità sono bassissimi nel Paese), dall’altro non attiva forme di sostegno pubblico per le madri che, infatti, nel 70% dei casi continuano a dover lasciare il lavoro all’arrivo di un bebè.

D’altro canto, superata la soglia dei 30 anni, tic tac: tempus fugit e bisogna darsi da fare per trovare un uomo… Aaah, l’amore, il principe azzurro… e vissero felici e contenti.
No, un momento, abbiamo sbagliato film. Quella che alcune donne avviano, quando iniziano a fare i conti con l’orologio biologico, è una vera e propria caccia al marito e, si sa, in amore e in guerra (qual è l’amore e quale la guerra?!) tutto è lecito. Accettare anche qualche compromesso diventa necessario pur di infilare l’anello al dito.
Nel casting dell’uomo perfetto vale la regola delle tre c: conto in banca, comunicazione e cooperazione in casa. Rivendicare il denaro, quindi, non è un tabù, come non lo è ammettere la disponibilità ad “accontentarsi” di una relazione matrimoniale più simile alla vita di due coinquilini, che condividono l’abitazione, che a una vita di coppia propriamente intesa. Lavoro e figli assorbono ogni energia… In Giappone il sesso e la sessualità sono ovunque – love hotels e sexy shops non mancano – tranne che nel matrimonio.

Allora, occidentali che credevate di essere tanto cosmopoliti… non avete disfatto le valigie, vero?

Choel-Carrez_ObarraO
Autore
:
 Raphaëlle Choël,
Julie Rovéro-Carrez
Titolo: Tokyo sisters. Reportage
dall’universo femminile giapponese
Editore: O barra O edizioni; www.obarrao.com
Anno di pubblicazione: 2001
Numero pagine: 196
Formato: 13x20cm
Prezzo: 15,00 €

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