Sembrerebbe che la “sindrome del foglio bianco” sia una malattia ormai rara; merito della scienza che ha saputo trovarne l’antidoto?
Va bene, saltiamo il passaggio “in Italia gli scrittori sono più dei lettori”, e bla bla bla. È la verità, ma ormai la conosciamo tutti, persino chi né scrive, né legge.
Ne dedurremmo che, sì, in barba ai complottisti del “blocco”, chi scrive abbia finalmente imparato cosa deve fare per vedersi riconosciuto il titolo di “scrittore”.
Cristiano Armati, evidentemente, non la pensa così. Scrittore ed editor impegnato nell’industria editoriale dagli anni Novanta, non avrebbe altrimenti scritto Cose che gli aspiranti scrittori farebbero meglio a non fare ma che invece fanno.
Apparentemente un pratico manuale di consigli rivolti agli aspiranti autori per evitare passi falsi nel mondo editoriale. In fondo in fondo – e nemmeno tanto –, un invito dal tono ironico, a tratti sarcastico, a non sentirsi autorizzati a perseguitare gli addetti ai lavori per il solo fatto di voler diventare scrittori, costi quel che costi.
Chiariamo subito che questa recensione non sta, come dire, “sulla notizia”. Il libro è stato pubblicato, da Giulio Perrone editore, nel 2011. Da allora a oggi chissà quanti milioni di libri sono stati messi al mondo, eppure qualcosa ci dice che certi errori siano costantemente ripetuti, ragion per cui una ripassatina probabilmente non fa male. Anche perché Armati elargisce i suoi consigli alternandoli a brevi e divertenti racconti con «l’esperienza di una vita vissuta tra la carta e l’inchiostro» e addentrandosi nei meccanismi dell’industria editoriale. Una lettura utile e, al contempo, piacevole. Perché capace di strappare un sorriso a chi dell’editoria ha fatto il suo mestiere e di far “storcere il naso” ai collezionisti dei “no” incapaci di rassegnarsi al fatto di non riuscire a guadagnarsi un posto nell’olimpo degli scrittori…
Consiglio n. 1 – Non inviare i manoscritti tramite raccomandata. Perché? Perché il postino quasi sicuramente passerà a lasciarla quando non ci sarà nessuno a poterla ritirare – questo è un assioma, rassegniamoci. Ciò significherà costringere un editor a trascurare la quantità, già oceanica, delle proposte editoriali da valutare, per mettersi in fila alle poste, temendo una multa, un atto giudiziario o una denuncia fino alla scoperta che, invece, si tratta del manoscritto numero n-mila da accatastare sulla scrivania, ultimo di una lunga fila. Per di più, un manoscritto inviato da un aspirante scrittore disposto a spendere soldi per un’opera che, evidentemente, ritiene meritevole di quello sforzo economico, tanto da pretendere di essere letto a tutti i costi.
Editor vs simpatia-per-il-manoscritto: 0 a 1.
Consiglio n. 2 – Rilegare i manoscritti. Tra buste, cartigli, pacchetti e pile di fogli, un editor abdica spesso alla propria scrivania semplicemente perché ne ha esaurito lo spazio. Basta un soffio e, puff, i manoscritti finiscono per svolazzare nell’aria, confondersi tra il resto e diventare irriconoscibili. Carta sprecata? No, utilissima per prendere appunti o per scriverci la lista della spesa.
Stessa premura e attenzione vanno spese nel caso in cui si propone un progetto mediante un’email: in questo caso, basterà dare al file un nome adatto e riconoscibile, per esempio: NomeAutore_TitoloOpera. L’archiviazione ordinata da parte dell’editore è garantita!
Consiglio n. 3 – Non millantare crediti. Accompagnare il proprio progetto editoriale a una presentazione dello stesso e di sé che pullula di credenziali spacciate per prestigiose, anche quando (la maggior parte delle volte) non lo sono… Azione raccomandabile solo quando si è totalmente perso il «senso del ridicolo».
Consiglio n. 4 – Non ostentare il deposito Siae. Se uno scrittore ha soldi da investire, libero di farlo. Anche quando basterebbe la legge sul diritto d’autore a tutelare il suo “capolavoro”. Se però ha la fobia del furto e del plagio, beh farebbe bene a curare questa sua harpaxofobia prima di accusare – implicitamente – il proprio interlocutore di essere potenzialmente un ladro della sua brillante idea.
Consiglio n. 5 – Tenere a bada rimorsi e rimpianti. Qualsiasi aspirante scrittore probabilmente leggerà e rileggerà la propria opera fino alla nausea. Farebbe bene a proporla a un editore solo quando ne sarà convinto al 100%. Non si può pensare di intasare la posta altrui con rinvii dello stesso manoscritto modificato – perché migliorato, certo! – qua e là.
Consiglio n. 6 – Non perseguitare il destinatario del manoscritto. È un’invasione della privacy altrui l’attitudine a sollecitare una risposta sull’opinione e sulle sorti del proprio scritto utilizzando tutti mezzi disponibili: email, telefono, Facebook, ecc. Anche la corrispondenza e, in generale, la comunicazione richiedono tempo e stare con il fiato sul collo della gente è inutile e fastidioso.
Consiglio n. 7 – Non mostrare interesse morboso verso il prossimo. Il prossimo in questione è l’editor o chiunque l’aspirante scrittore sappia essere il potenziale “giudice” del proprio progetto editoriale. Interessarsi a qualcuno solo per accattivarsene la simpatia e, in fondo in fondo, “estorcergli” qualcosa non è, quanto meno, carino.
Vietato, quindi, l’opportunismo.
Consiglio n. 8 – Non fare paragoni. La pubblicabilità di un’opera dipende da diversi fattori, non ultimo le potenzialità della stessa di essere venduta, cioè di avere un bacino di utenza, nel vastissimo mercato editoriale. L’aspirante scrittore che fa fatica a vedere pubblicata la propria proposta non può fare paragoni tra questa e i libri di altri autori a suo avviso non meritevoli che hanno avuto/hanno un certo successo commerciale, additandoli come responsabili di un presunto “abbassamento” del livello qualitativo del panorama letterario a causa del quale il proprio “capolavoro” non riesce a ottenere lo spazio che merita.
E se proprio non si riesce a resistere alla tentazione di fare paragoni, che non si facciano con ciò che si considera di basso livello… Se non altro, è una questione di dignità.
Consiglio n. 9 – Non autoconvincersi che quello editoriale sia un ambiente mafioso (causa del proprio insuccesso). L’idea che «se non hai qualcuno alle spalle non vai da nessuna parte» non è un alibi per perpetrare quello stesso atteggiamento che si condanna, cioè andare alla ricerca del cosiddetto “aiutino” (che si tratti di mostrare disponibilità a “pagare”, con soldi o altro, pur di vedersi in catalogo). Chi aspira a essere scrittore deve partire da questo presupposto: «Esistete solo voi, la vostra passione, le vostre autoproduzioni, nel caso, e il vostro impegno, che se vi interessa davvero dovete far rispettare in quanto tale».
Consiglio n. 10 – Liberarsi dai feticci. Il feticcio può essere proprio il libro a cui tanto si ambisce. L’aspirante scrittore deve, innanzitutto, concentrarsi sulla scrittura e questa viene prima di ogni supporto.
Lo stesso manuale di cui qui si sta parlando non è stato pensato come tale prima di vedere la luce: è nato a seguito della pubblicazione su Facebook, da parte dell’autore, di una serie di post che schernivano le stravaganze degli scrittori wannabe e che ha scatenato commenti di ogni sorta: da quelli divertiti a quelli addirittura intimidatori. Da lì, l’idea di poter raggruppare, nella forma “organica” di un libro, quegli utili e bizzarri consigli per gli aspiranti scrittori.
Le strade della scrittura sono, quindi, infinite e nel mondo editoriale si può provare a entrare non necessariamente dalla “porta principale”. Misurarsi con quelle opportunità è il primo passo per non trasformarsi nel primo impedimento alla realizzazione di se stessi.
Consiglio n. 11 – Imparare a scrivere. No, in questo caso il suggerimento non nasconde nessuna filosofia, nessun tacito invito a seguire corsi di scrittura creativa, nessuna esortazione a scomodare le stesse muse dei grandi classici. Semplicemente: imparare a usare gli attrezzi del mestiere. Perché, altrimenti, sbigottirsi davanti a un falegname che non sa usare la sega e non inorridire davanti all’aspirante scrittore che utilizza i simboli di maggiore e minore (<< >>) invece delle caporali (« ») o la E apostrofata (E’) invece dell’accentata (È)?
Non osi separare l’uomo… la forma dal contenuto!
Ne deriva la necessità per l’aspirante scrittore di curare l’aspetto del proprio scritto: dal layout della pagina, al formato del paragrafo, alla scelta del font.
Armati conclude la sua carrellata di consigli misti una buona dose di aneddoti con un suggerimento importante: conoscere il proprio interlocutore. Quando l’interlocutore è l’editor… perché nella vita quotidiana tutti sanno bene come rapportarsi se si è davanti al panetterie o se si è con l’avvocato, ma pare che tali certezze vengano meno quando si ha a che fare con un editor, “mostro mitologico” capace di generare una certa confusione.
Prima di spiegare cos’è e chi è l’editor – come nello stile dell’intero libro – Armati fa un elenco di cosa costui non è: non è un fidanzato, non è un parente, né un amico, non è uno psichiatra, né un confessore, né un assistente sociale, non è il factotum di una casa editrice, né ne è il proprietario.
Un elenco sufficiente a capire cosa non chiedere e cosa non poter pretendere dall’editor che, in buona sostanza, «è un professionista con competenze artigianali, alla resa dei conti un lavoratore del terziario avanzato giudicato sulla base dei risultati che produce».
Autore: Cristiano Armati
Titolo: Cose che gli aspiranti scrittori
farebbero meglio a non fare
ma che invece fanno
Editore: Giulio Perrone
www.giulioperroneditore.com
Anno di pubblicazione: 2011
Numero pagine: 96
Formato: 13x20cm
Prezzo: 10,00 €