Monthly Archives: marzo 2016

Promuovere la piccola editoria di qualità: Modus legendi

Promuovere la piccola editoria di qualità: Modus legendi
Promuovere la piccola editoria di qualità: Modus legendi

Su Facebook esiste un gruppo che si chiama Billy, il vizio di leggere (che con la trasmissione Rai condivide solo il nome) che si presenta come «luogo dei lettori consapevoli». Conta, a oggi, più di 10 mila iscritti che leggono assieme e si confrontano sulle proprie esperienze di lettura, avviando discussioni e dialoghi fatti di ascolto reciproco.
In fondo, la lettura è anche un po’ questo: ascolto dell’altro.

A partire, più o meno, da metà marzo, gli amministratori del gruppo (Angelo Di Liberto e Carlo Cacciatore) hanno avviato una bellissima iniziativa. Bellissima perché è concreta e mira a ottenere risultati tangibili: «Molte volte ci siamo interrogati su cosa si potesse fare per arginare un sistema di mercato editoriale al ribasso e un bel giorno abbiamo deciso che eravamo NOI la soluzione. Perché se i lettori cominciano a chiedere qualità, gli editori li ascolteranno».

Qual è, allora, la soluzione? Si chiama Modus legendi (dalla cui pagina Facebook è stato tratto il virgolettato) e consiste in questo: mediante un sondaggio, si sceglie un libro di un editore medio-piccolo e di autore non noto – selezionandolo tra una rosa di 5, tutti di alta qualità, che il gruppo propone – e si va ad acquistare il più votato in massa durante la stessa settimana.

L’obiettivo è quello di creare un “caso editoriale” – bastano 3 mila copie vendute per farlo e i numeri Billy li ha tutti! – che porti gli editori a riflettere sull’esigenza di qualità avvertita dai lettori forti, quelli su cui il mercato dovrebbe puntare, e sulla potenza del passaparola.

In soldoni funziona in questo modo.
Sulla pagina di Modus legendi sono state inserite le schede informative dei 5 libri selezionati per l’iniziativa. I lettori possono quindi prenderne visione – e approfondire anche in rete, se lo ritengono – per stabilire quale sentono più vicino a se stessi e, di conseguenza, votarlo, partecipando al sondaggio.
Non bisogna, dunque, scegliere il più bello: tutti e 5 lo sono e, inoltre, non sarebbe possibile stabilire, senza averlo letto, se un libro ci è piaciuto o meno. Non bisogna, infatti, conoscere i titoli della cinquina, anzi! Del resto, è esattamente quello che facciamo quando selezioniamo un libro aggirandoci per gli scaffali di una libreria.

Una volta stabilito quale, per sé, è il migliore, si vota: il sondaggio è aperto qui ed è possibile monitorare i risultati qui.
Si può votare fino al 31 marzo.

L’indagine di Modus legendi porterà a eleggere un solo vincitore della cinquina, che sarà reso noto nella pagina del gruppo.
Da quel momento, ci si potrà recare nella propria libreria di fiducia per ordinare il libro che, attenzione!, dovrà essere acquistato solo nella settimana tra il 18 e il 24 aprile (altrimenti l’iniziativa risulterebbe vanificata).
Perciò, è bene approfittare del tempo a disposizione per ordinare il titolo ma se dovesse arrivare prima del 18 aprile, bisogna rimandare l’acquisto concentrandolo in quella settimana, entro il 24.

La rosa dei 5 libri in gara selezionati dai moderatori di Modus legendi è la seguente (in ordine alfabetico per cognome dell’autore):

Modus legendi Bucciarelli_NnEditore


Elisabetta Bucciarelli, La resistenza del maschio, NN editore

 

 

 

 

Modus legendi Chevillard_DelVecchio


Éric Chevillard, Sul soffitto, Del Vecchio editore

 

 

 

 

Modus legendi DiFronzo_Nottetempo


Gabriele Di Fronzo, Il grande animale, Nottetempo

 

 

 

 

Modus legendi Ernaux_OrmaEditore


Annie Ernaux, Il posto, L’Orma editore

 

 

 

 

Modus legendi Funetta_Tunué


Luciano Funetta, Dalle rovine, Tunué

 

 

 

 

Al momento sono stati espressi 1.088 voti, c’è ancora qualche ora di tempo per partecipare e per non farsi sfuggire quest’occasione di far sentire la propria voce, di cominciare a vedere in classifica libri “diversi dal solito”, scelti “dal basso”, di dare il proprio contributo per invertire le tendenze, dettate spesso da ragioni meramente commerciali, e di farlo attraverso un’azione semplice, non dispendiosa e da prendere come un impegno personale e serio. Una «rivoluzione gentile», come l’ha definita Loredana Lipperini su la Repubblica del 13 marzo scorso.

Affrettiamoci!

Piccolo manuale dei grandi sbagli, Keri Smith (Corraini)

Piccolo manuale dei grandi sbagli, Keri Smith (Corraini)

Piccolo manuale dei grandi sbagli

 

Perdere il controllo. Essere imperfetti. Mettere in disordine.

Il Piccolo manuale dei grandi sbagli, pubblicato nel 2014 da Corraini, ha tutta l’aria del paese dei balocchi di Pinocchio.

L’autrice, Keri Smith, ci chiede di concederci un po’ di sano scompiglio e di mettere a nudo la nostra creatività nascosta, all’insegna della non convenzionalità.

Cogliere la meraviglia e il fiore… petaloso

Cogliere la meraviglia e il fiore… petaloso

Più o meno un mese fa, sui social e su diversi portali italiani ha fatto il giro una storia carinissima, quella dell’invenzione di un neologismo: Matteo, 8 anni, ha usato una parola “nuova” in un compito, ma prima di vedersela segnata in rosso ha interpellato, guidato dalla sua maestra e aiutato dall’intera classe, l’Accademia della Crusca che non lo ha “bocciato”.

Petaloso
Non è necessario ripercorrere l’intera vicenda perché è stata virale e tutti sicuramente la conoscono; peraltro è sufficiente digitare “petaloso” su un qualsiasi motore di ricerca per rinfrescare la memoria e per rendersi conto di quante persone si siano sentite coinvolte e in diritto di diffondere il nuovo… verbo.
Su Google, a oggi, la ricerca dell’hashtag “#petaloso” restituisce 157.000 risultati, mentre l’occorrenza in sé 330.000 (i dati si sono triplicati in un mese).
Sebbene “sboccino” a primavera iniziata, queste righe, come dire, non stanno sulla notizia, e in fondo non nascono nemmeno con questo scopo.

Nascono piuttosto dalla riflessione sul fatto che chi, per mestiere o per piacere o per necessità – quindi tutti –, ha a che fare con le parole e con la lingua deve considerare vivo il (bel) rischio di trovarsi a mettere in discussione le regole o di doverne assorbire di nuove.
Come ha fatto la maestra di Matteo non limitandosi a sfoderare la matita rossa su un termine ufficialmente inesistente, ma fornendo al fantasioso studente gli strumenti per disporre della spiegazione “scientifica” del suo errore o presunto tale. E probabilmente Matteo e i suoi compagni hanno così imparato di più e meglio. Ma non è la strategia didattica il punto.

Il punto è che il modo in cui diamo forma ai nostri pensieri è una responsabilità tutta nostra, individuale, ed è l’elemento che ci dona la libertà. Persino quella di sbagliare.

La vicenda di Matteo ha impazzato sul web per più ragioni:

  • perché il protagonista è un bambino – e i bambini, per natura, inventano neologismi ogni giorno – di cui gli adulti hanno saputo cogliere la meraviglia;
  • perché c’è stata l’eco di un ente prestigioso che ha fornito una risposta chiara e scientifica, ma a misura di un interlocutore di quell’età;
  • perché ha messo tutti di fronte a un fatto oggettivo che spesso viene dimenticato: e cioè che «la possibilità di sbagliare è […] il principale indicatore della vitalità di un idioma» (Andrea De Benedetti, La situazione è grammatica. Perché facciamo errori. Perché è normale farli, Einaudi, p. 4).
Petaloso_DaFbDellAccademiaCrusca_

Immagine tratta dalla pagina Facebook dell’Accademia della Crusca

La Crusca, infatti, non ha vagliato il termine “petaloso”, ma ha spiegato che esso risponde effettivamente alle regole che sono alla base della formazione delle parole a esso simili e che saranno i parlanti a stabilirne l’ingresso nei dizionari mediante l’uso.

I dizionari, quindi, sono – paradossalmente, poiché lo fanno al tempo stesso in cui codificano – la testimonianza che non siamo macchine perché parlando, semplicemente parlando (o scrivendo, o leggendo), diamo forma a una realtà che non è cristallizzata, bensì liquida, e proprio per questo vera.

Codificare non è certo un’azione imposta dall’alto da dei matusalemme che non ci lasciano via d’uscita, e questo è ciò che Matteo ha sperimentato su di sé e a beneficio di tutti coloro che hanno seguito la sua vicenda. Tuttavia è una strada per garantirci la possibilità di condivisione e di “movimento” lungo lo stesso orizzonte.

Ben venga, però, ogni guizzo della libertà linguistica che abbiamo, in ogni caso, il diritto di esercitare. Possibilmente senza farci sfuggire troppo di mano la situazione… anche perché, in quella vicenda, il confine tra lo scherzo e la polemica (sterile, per certi aspetti) è diventato via via molto sottile, perdendo i contorni della semplice “dolcezza” che la caratterizzava e il suo più profondo significato. Che non era incaricarsi della missione di iniziare a usare il termine “petaloso” da quel momento in avanti (a colpi di like e di hashtag?), ma di prendere coscienza – e con il sorriso che la candida innocenza richiede – della libertà e della potenza evolutiva entro cui si muovono le parole. Di “ricordare” che la lingua è una cosa seria.
E non seriosa.

«Un buon editor è una cosa magnifica»

«Un buon editor è una cosa magnifica»

Un buon editor è una cosa magnifica

Il mio consiglio è di insistere affinché il vostro editor sia brutale – devono esserci segni rossi su ogni pagina. Almeno nella mia esperienza, il libro comincia a farsi decente solo in questa fase, a mano a mano che tutti i fronzoli e le digressioni vengono soppressi.  […] Un buon editor è una cosa magnifica.

*** Jonah Lehrer ***

tratto da Steve Silberman, “Practical Tips on Writing a Book
from 23 Brilliant Authors”

Il vento contrario: per far volare gli aquiloni bisogna aspettarlo…

Il vento contrario: per far volare gli aquiloni bisogna aspettarlo…

Il magico potere del riordino, Marie Kondo (Vallardi)

Il magico potere del riordino, Marie Kondo (Vallardi)

Il magico potere del riordino

 

Tra i buoni propositi di edillia, Il magico potere del riordino, best seller della scrittrice giapponese Marie Kondo, pubblicato da Vallardi nel 2014.

Organizzazione degli spazi domestici
=
serenità

Riordinare l’ambiente in cui viviamo può essere un rito liberatorio e di aumento dell’autostima.

L’editor non ha sempre ragione

L’editor non ha sempre ragione

Non è mai bello ammetterlo, ma è così: l’editor non ha sempre ragione.
Mi sembrava giusto “inaugurare” questa rubrica (rubrica?) dedicata alla Vita da editor con qualche riga scarsamente celebrativa per queste figure professionali.

La premessa è doverosa: un redattore non lavora soltanto nel suo ufficio o (se non ne ha uno…) alla sua scrivania. La sua è una delle categorie a maggior rischio di deformazione professionale. Perché non ci sarà mai parola scritta – dai bugiardini dei medicinali, ai dépliant delle offerte del supermercato, alle istruzioni della lavatrice – da cui non si sentirà urtato non appena scorgerà in essa il suo nemico.
Il refuso.

Le persone a lui vicine grideranno alla patologia. Faranno collette per far sì che possa permettersi delle serie cure perché, in fondo, è possibile comprendere come si fa la manutenzione della lavatrice anche se sul libretto delle istruzioni c’è scritto di aprire il cestelo.

Non è però il cestelo a urtare la sensibilità del redattore. Semmai lo è tutto il retroscena di quella l sfuggita. Probabilmente la possibilità di immaginare una delle seguenti situazioni:

1) un’azienda che ritiene superflua la presenza di una figura come la sua, cosa da cui sente sminuito il suo ruolo;
2) una mole di lavoro eccessiva che non ha permesso di dedicare a quel testo il tempo necessario a evitare svarioni;
3) una semplice e umana svista davanti alla quale si batterà il petto tutte le volte che potrà.

E lo farà davvero perché la sua ambizione è il testo perfetto e la sua maledizione è la consapevolezza che la perfezione non esiste.

Con questo non voglio dire di avere pietà per questi poveri fissati senza speranza. E nemmeno che sia giusto ritenere sostituibile, da chiunque parli semplicemente l’italiano, una figura come questa (vedi 1) o che sia possibile pensare di ottenere un testo impeccabile in poco tempo (e magari con compensi ristretti… vedi 2).

l'editor non è un fanatico

Voglio solo dire che l’editor, il redattore e il correttore di bozze possono (devono) essere bravi, meglio se bravissimi. Devono avere costantemente dubbi, di ogni tipo, e fugarli in ogni modo, possibile e impossibile. Devono consultare un dizionario o un’enciclopedia anche quando si sentono super sicuri.
Ma non sono né onnipotenti, né onniscienti. Né lettori ottici. E quindi (a volte), sbagliano.
Semplicemente, sbagliano.